Mio padre, mia madre, Charlot e Carmen

Sabato pomeriggio. Ricordo quelli di 50 anni fa: mio padre con un Bolex S8/8mm organizzava delle proiezioni private ad usum familiae. Esse prevedevano un programma a dir poco striminzito, potendo contare – la cineteca domestica – solo su una ventina di bobine, settimanalmente proposte a rotazione. Erano per lo più cartoni animati della Warner Bros. o comiche mute di Chaplin. Una di queste, in particolare, si intitolava Charlot e Carmen (Burlesque on Carmen): il titolo suggerisce, fin troppo facilmente, che si trattava di una parodia, ma più delle variazioni sul tema dei vari Cecil B. De Mille o Raoul Walsh che della novella di Mérimée. Arrivo a ricordare ancora una smagliante e impertinente Edna Purviance nel ruolo della celebre sigaraia.

Chaplin_Burlesque_on_Carmen_06Era tra le mie pellicole preferite e ne restavo talmente rapito e divertito che mia madre, melomane “dilettante”, mi faceva poi ascoltare l’opera di Bizet, cosicché io potessi, mentalmente, nelle proiezioni successive, montare e sincronizzare mentalmente la musica con le immagini, fruite in separate sedi.

L’aspetto paradossale – ma non troppo, forse – è che credo di aver imparato ad amare la musica guardando un film muto che, però, immaginavo musicato, al punto da auto-suggestionarmi con la straniante sensazione che, guardandolo, riuscissi ad ascoltarne pure un inesistente commento sonoro – di cui mia madre a questo punto poteva ben fregiarsi della qualifica di co-autrice – mentre era solo il rumore del proiettore a giungermi alle orecchie.

Sta di fatto che, da allora, ho cominciato ad amare tutte queste cose (non mia madre e mio padre che ho sempre amato, invece, anche se con eccessivo pudore): il cinema e Chaplin (e soprattutto il cinema di Chaplin); la musica e il cinema (la musica per il cinema e il cinema musicale).

carmenE Carmen: l’opera, ma ancor più il mito di una ragazza dalla solare e funesta incostanza, ribelle e sensuale, selvaggia e fatale, passionale e indipendente, che ho vagheggiato come la quintessenza del femminile, al punto da ricercarne e ricomporne ogni volta piccoli frammenti nei phantasmata di qualche passione adolescenziale o adulta. Passioni sempre inseguite e puntualmente disattese. Ahimè.

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