Juve perché…

A parte il risvolto psicopatologico che si potrebbe diagnosticare dalla confessione che sto per fare, tifo Juve perché a sei anni mi facevano sognare le imprese di Pietro Anastasi, catanese classe ’48 (7 aprile): un ariete – e non solo in senso zodiacale – chiamato da Agnelli a contrastare il Toro (non in senso zodiacale). Un saraceno cresciuto all’ombra del liotru (dalle mie parti si usava confidenzialmente chiamarlo “Pietruzzu” oppure “Petru u turcu”) e che il sol dell’avvenire l’avrebbe intravisto tra le nebbie che si stendono come un manto sulla Mole Antonelliana. Il “Péle bianco” che, nel ’75, entrato in campo all’83’, fu capace di rifilare tre gol alla Lazio in cinque minuti.

Anastasi2

Una specie di Calimero dell’arte pedatoria, un furetto dell’area di rigore; il suo sguardo dal folto monociglio era sorridente e sapeva di pane caldo con l’olio e la tuma.
Una faccia terragna da emigrante, ma non allampanata come quella di un altro suo conterraneo – Totò Schillaci – che anni dopo sarebbe riuscito nuovamente a fasciare la nazione in una sola bandiera, come il buon Goffredo Mameli inutilmente auspicava, col suo Inno degli Italiani: “raccolgaci un’unica bandiera, una speme…”. Diciamolo, il verso avrebbe pure una sua solennità, d’accordo, ma questa viene puntualmente svilita, a ogni partita della Nazionale, al momento del “…che schiava di Roma Iddio la creò”, cui il tifoso italiano medio fa seguire il beffardo “parapà parapà parapappappappapà”. Ineluttabile come l’applauso che scatta tra i passeggeri dell’aereo in atterraggio a Catania.

Tifo Juve perché a 6 anni, per tre giorni, tifai Milan e mio fratello non mi fece più giocare a pallone con i suoi amici e mi tolse, per dispetto, anche la mia scorta di figurine Panini il cui baratto era tra le mie soddisfazioni più grandi. Un Bulgarelli, un Causio e uno Schnellinger per uno scudetto dell’Inter erano certamente un buon affare. Il capitale si poteva incrementare in modo significativo col più classico dei giochi da ricreazione scolastica: la “parmata” o “’ ppa”, in italiano-bello-stile rispettivamente “scoppoletta” e “soffio”, sulle cui tecniche per il momento sorvolo.

Ma se non avessi tifato Juve, avrei potuto tifare qualsiasi altra squadra perché ho sempre vissuto lo sport (quello visto e quello praticato) come un gioco, perché “a pensarci bene, il significato profondo di una bella partita è sempre, appunto, una specie di pareggio”, come scrisse Mario Soldati (juventino doc): “Non c’è gusto di confrontarsi se non si crede di essere più o meno uguali. Il gioco è una prerogativa degli dei, che in qualche modo si sentono sempre uguali appunto perché non sono uomini. I veri, i bravi, i grandi atleti non si sentono mai nemici. Non si può essere bravi davvero se non si rispetta, se non si ammira l’avversario, se non lo si ama come un compagno e qualche volta…qualche volta anche di più”.

Tifo Juve e ammiro il Napoli. Tifo Juve e invidio la Sampdoria che ha Eder e noi no. Potrei tifare anche Carrarese o Cerretese. La scelta è puramente affettiva. Di campioni e di bidoni hanno campato tutte le squadre: anche oggi, per un Higuain c’è sempre un Dybala, e per un Iturbe c’è un Hernanes. E chi se ne frega?

Tifo Juve perché l’unica formazione che ricordi ancora come un mantra è:
ZoffGentileCabriniBoniniBrioScireaBettegaTardelliRossiPlatiniBoniek.

Italia_v_Francia_Mondiale_1978

Il famoso “blocco Juve” che, piaccia o no, ci avrebbe fatto vincere il mondiale dell’82, il più bello che gli italiani ricordino.

Tifo Juve perché mi ricorda la mia infanzia, le partite all’oratorio col pallone a losanghe bianconere (e se anche il pallone è bianconero, come sottrarsi a un destino?). Tifo Juve perché la regola è: quando vince la Juve c’è sotto il complotto, quando perde è perché finalmente il campionato è stato arbitrato in buona fede. A dimostrazione che l’Italia del calcio non si divide in juventini, milanisti, interisti, laziali ecc., ma in juventini e anti-juventini, il che equivale a dire che c’è una sola squadra da amare oppure odiare, ma una è. E io sto, tendenzialmente, sempre dalla parte degli antipatici. Questo sentimento popolare nasce da meccaniche divine: Franco Battiato dixit.

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