Non serve a niente, ma mi mi diverto a fare previsioni ogni anno. Il rito laico degli Oscar sarà officiato religiosamente domani notte a Los Angeles, ma raramente come stavolta i pronostici mi sembrano incerti. Potessi decidere, la statuetta per il miglior film la darei a Room, film intenso ed emozionante (si finisce col piangere come vitellini orfani) senza essere per questo patetico. Non ce la farà sicuramente per la categoria maggiore, però ha qualche chance in più tra le “sceneggiature non originali”. La partita si giocherà, secondo me, tra The revenant e Spotlight;
vincerà quest’ultimo, basato su un’inchiesta giornalistica famosissima, e quindi con quel plusvalore di impegno sociale che fa bene alla buona coscienza dei giurati dell’Academy.
Miglior attore: Leonardo Di Caprio stavolta ce la dovrebbe fare anche sulla maledizione che si porta addosso; lo può insidiare solo Michael Fassbender del noiosissimo Steve Jobs, mi pare improbabile che il pur bravo Eddie Redmayne (The danish girl)possa bissare per due anni di fila. Ma io tifo comunque per il “senza speranze” Bryan Cranston, non tanto per l’interpretazione di Trumbo, per cui non avrà alcuna chance, ma per quel monumento che è il personaggio di Walter White nella ormai leggendaria serie Breaking Bad.
Miglior attrice: Brie Larson (Room), senza se e senza ma.
Miglior regista: di solito funziona l’accoppiata col miglior film, ma non sarà così. Alejandro González Iñárritu potrebbe vincere di nuovo dopo Birdman.
Miglior attore non protagonista: sfida a due Sylvester Stallone (Creed)-Tom Hardy (The revenant), con il primo leggermente favorito dal fatto di essere riuscito a ridare ossigeno a quel personaggio ormai patrimonio dell’umanità, come il Colosseo, che si chiama Rocky Balboa.
Miglior attrice non protagonista: non avrei dubbi a dare l’Oscar ad Alicia Vikander (The danish girl), ma vuoi mettere l’effetto reunion di una Kate Winslet (Steve Jobs) premiata nell’anno di Di Caprio?
Miglior film d’animazione: Inside out, a mani basse. Si sa già da un anno. Però preferisco il poetico e filosofico When Marnie was there, testamento spirituale del glorioso Studio Ghibli.
Miglior film straniero: Il figlio di Saul, stupendo e straziante film ungherese sull’Olocausto che a Cannes ha avuto il Gran premio della Giuria.
E infine (rullo di tamburi) Miglior colonna sonora: l’immenso Ennio Morricone (The hateful eight) sbaraglierà tutti. Se non gli danno l’Oscar, peste li colga.
Il resto m’interessa davvero poco. La cerimonia di premiazione, alquanto noiosa e sempre uguale a se stessa, mi avrà già conciliato il sonno da un pezzo.