Abito a Giarre, ma non la vivo più da tempo. Mi sembra di non conoscere nessuno e la cosa culturalmente più interessante che ci trovo da fare è la spesa al supermercato. Dopo una trentennale latitanza, decido allora di affrontare a piedi, con imprudente baldanza, il mio natio borgo ancora per molti versi selvaggio. Con mio grande stupore, incontro subito un amico della gioiosa adolescenza che riemerge imbiancato e solo ora da quell’era. Mi viene incontro con un gran sorriso, ma capisco con eccessivo ritardo che è dettato dal dispettoso compiacimento nel vedere che il tempo non ha lasciato segni solo sul suo viso. Sta per dirmi “sei invecchiato”, ma scala di marcia e frena intuendo la gaffe in agguato. Non abbastanza però dall’impedirgli il tamponamento frontale con un infelicissimo “sei….EVOLUTO” che, come una pietra tombale, mette la parola ‘fine’ alla nostra conversazione e, con essa, alla passeggiata tra gli indigeni giarresi miei concittadini che dubito avrà una replica, prima dei prossimi trent’anni.
