APPUNTAMENTO AL BUIO (lui, lui e l’altra)

Mettiamo le cose in chiaro: non voglio che tu ti faccia illusioni. Va bene la simpatia che provo ancora, ma da qui a farmi cambiare idea sul tuo conto ce ne corre. Me ne hai fatte vedere troppe e ti conosco come le mie tasche ormai. Sei prevedibile. Se ho deciso di vederti, perciò, non è per curiosità o perché mi aspettassi qualcosa di diverso, ma per rispetto del tempo che abbiamo passato insieme, delle emozioni che pure ci sono state tra noi. Ricordo ancora lo stupore delle prime volte, cosa riuscivi ad inventarti: pendevo dalle tue labbra, mi annichilivi coi tuoi discorsi. Poi qualcosa si è incrinato, mi lasciavi sempre col sospetto che mi volessi prendere un po’ in giro. E a buon prezzo. Ecco, a quel punto ho avuto il sentore che un po’ ci marciassi e i tuoi giochetti mi sono stati via via più chiari. Così, a poco a poco, ciò che prima mi sembrava godibile mi è diventato stucchevole.

Gli altri possono pure pensare che sei geniale, ma sono abbastanza smaliziato da riuscire a distinguere l’intelligenza dalla furbizia. Sì, è furbizia la tua. La gente si diverte perché sei un affabulatore. L’ho capito: ti piacciono il cinema, i fumetti, la tv, purché siano cialtroni. Ma basta, basta! Sempre la stessa solfa. Non fai altro che citare e ricitare, a volte anche a sproposito o cambiando le carte in tavola e vuoi convincermi che Sergio Corbucci vale Orson Welles. Ma ti parli addosso per ore e alla fine non mi hai detto niente. E non è che tutti sono cinefili! Mi sembri uno con la sindrome di Peter Pan, non riesci mai a essere serio e finisce che butti tutto in vacca, anche le tragedie. Per te tutto è pop, anche il Male della Storia, i nazisti, le vittime dei crimini violenti. Non si può. Non puoi prendere tutto a ridere, non puoi continuamente ammiccare e gigioneggiare, con quei due che fanno tanto Starsky e Hutch. Lo sapevo che sarebbe finita così e, infatti, mi sono detto: fallo almeno per lei, vacci, almeno ti riempi gli occhi. Che incanto di ragazza, con quel nome che ti lascia la bocca aperta solo a pronunciarlo: Margot. E che occhi – porca paletta – roba che la osservi in tutta la sua vaporosa ed esagerata biondità e ti immagini già la felicità di quando – come dice uno che conosco – le prendi a morsi le labbra e tutto si vela di fumo rosa e il viso di quella persona si cambia in un’infinità di farfalle e poi cominciano a piovere piume di colombe e senti nitriti di cavalli e poi ti butti su un letto e le teste si coprono di serpenti che ti carezzano e i serpenti si coprono di ricci di mare che li solleticano e i ricci di mare si coprono d’oro e di regali e gli scarabei d’oro rincorrono impazziti meduse spettinate… e allora capisci che la felicità potrebbe essere tutta lì o non finire mai. Ecco, te lo volevo dire, lei non mi è sembrato tempo sprecato anche se tu l’hai voluta sprecare rendendola insignificante.

A questo punto, non so se ci rivedremo ancora. Toglimi solo una curiosità che mi ha trivellato il cervello per due ore e quaranta: ma questa fissa per i piedi l’hai sempre avuta o me ne accorgo solo ora?

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