Vivi nascosto

Si può vivere felici oggi seguendo i precetti di Epicuro? Se lo chiedeva Plutarco, ma la sua domanda era retorica e la disapprovazione del celebre motto «vivi nascosto» una conseguenza della sua critica. Il vivere appartati, via dalla pazza folla, non ha niente a che vedere con la clandestina viltà ma è strenue resistenza. La bonaccia del distacco non è contemplazione, ma negazione che ci protegge dalle conseguenze dell’azione furiosa. In un tempo in cui siamo costantemente connessi e monitorati, il λάϑε βιώσας epicureo sembra un paradosso, eppure in un periodo di crisi come quello che viviamo il distanziamento sociale è anche scegliere di starsene in panchina, ad ascoltare il silenzio, godendo del poco e lasciandosi trapassare dalla spada della vita senza dissanguarsi. La vita, come la letteratura, è un labirinto di cose già scritte di cui siamo copisti, i suoi possibili sentieri sono itinerari già battuti, la replica seriale di riti e gesti rispetto alle quali ci è concesso poco più di un commento a margine. Reinventarla significa preferire la nόesis platonica all’aisthesis, l’intelligibile al sensibile, il progetto all’oggetto.

«Perché realizzare un’opera quando è così bello sognarla soltanto?», è la battuta di Pasolini/Giotto alla fine del suo Decameron. 3064decameron_pasoliniE la dice senza malinconia, nella consapevolezza che nessun piacere sensibile possa eguagliare quello del vagheggiamento, che il desiderio sia una pulsione positiva che sopravanza l’entropia dell’amplesso. Occorre allora mettersi in ascolto della vita, saperne captare i silenzi che la frenesia del possesso ci rende inaccessibili.

03ba6284-3b33-4a06-ba18-c8586163abb4_largeCome scrive un filosofo che mi ritrovo a rileggere spesso in questi giorni: “chi, camminando, si annoia e non tollera in alcun modo la noia, diventa irrequieto e si aggira di qua e di là, avanti e indietro, oppure segue un’attività o un’altra. Chi invece ha maggior tolleranza per la noia, forse dopo un po’ riconoscerà di essere annoiato dal camminare in sé. Così sarà spinto a inventarsi un movimento completamente nuovo. Camminare velocemente o correre non è un nuovo tipo d’andatura. È piuttosto un camminare accelerato. Il danzare o il librarsi, invece, rappresenta un movimento del tutto diverso. Solo l’uomo sa danzare. Mentre cammina, potrebbe essere colto da una noia profonda, di modo che attraverso l’assalto della noia egli si sposta dal passo di corsa al passo di danza. Confrontata con l’andatura lineare, retta, la danza è – con i suoi movimenti elaborati – un lusso che si sottrae completamente al principio di prestazione”.

Seguire la danza dei pensieri e vivere alla finestra, come il Bernardo Soares di Pessoa o il Bartleby di Melville, non è negazione del mondo – Bartleby non dice “no” ma “preferirei di no” – com’è vero che scrivere che non si può scrivere è comunque scrivere.

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