Vigile vigilia dell’attesa

24 dicembre, la vigilia dell’attesa. Ma cos’è l’attesa? Una disposizione attiva o passiva? È l’azione (così nei dizionari) di chi aspetta e, quindi, un singolare ossimoro che impone all’idea di uno stato di tregua e di requie il dinamismo del fare (l’attesa sarebbe così un tempo riempito da “cose” che facciamo per esorcizzare lo stesso scorrere del tempo)? Oppure è uno stato d’animo e, quindi, un sentimento? O solo un semplice intervallo di tempo? Nel tempo dell’attesa c’è comunque un’idea di futuro, una tensione verso la vita che non è ancora.

Attendere, viene dal composto latino di ad e tendere, letteralmente è un guardare avanti. E quindi è bello aspettare. L’attesa è una promessa e una speranza, come dicono gli spagnoli che hanno quel verbo dolcissimo come un bacio a fior di labbra: esperar (Espérame en el cielo, corazón: Aspettami in paradiso, cuore / Se vai per primo / Aspettami che presto andrò / Ovunque tu sia). Attendere è come stare in agguato, è la tensione vigile di chi vede oltre, e quindi vede prima. Gli inglesi dicono to wait, ma è un calco dal provenzale guaitar, che significa vegliare, stare come una sentinella ad aspettare. Ex- pectare: “guardare da lontano”. Che non è stasi o immobilismo, passività o differimento, ma anzi tensione, investimento, progetto. L’attesa richiede scrupolo e attenzione, ma ripaga sempre, come un capitale depositato con ottima percentuale di interesse.

Ingannare l’attesa: ma in che senso? Che ti ha fatto di male da doverla anche raggirare come farebbe un brigante di passo? Facci piuttosto amicizia, familiarizza con essa. Contro la frenesia e il logorio della vita moderna non serve affidarsi alle virtù salutari del carciofo (non serve il Cynar), ma una diversa manutenzione del tempo, una sua considerazione affrancata dall’idea dell’efficienza, dall’ansia della prestazione, del “tutto e subito”. Anche in amore funziona così, non è la velocità che conta ma la durata. L’attesa, che è tempo interstiziale per definizione, aborre l’idea del risarcimento immediato. Ci affanniamo a considerare perso il tempo occupato a pensare. C’è chi considera inutile il tempo lungo del leggere e ricorre all’abominevole espressione “non ho tempo per leggere” come se questo fosse perso, inutile, e tutta la vita fosse come un treno della metropolitana da prendere al volo. Il tempo per leggere è come il tempo per amare: quale essere perverso direbbe “non amo perchè non ho tempo”?

Farsi allora Penelope che fa e disfa la sua tela, farsi poeti cortesi che accarezzano a vita fantasmi di donna, cinture nere dell’attesa, perchè non c’è amore più bello ed eterno di quello vagheggiato, non ricambiato, aperto a qualsiasi soluzione, l’unico che non finirà mai (Dante e Petrarca docent). Non è affatto disimpegno o fantasticheria, mancanza di senso pratico o rifiuto di assumersi la responsabilità di una scelta, ma un serio programma etico. Ci vuole serietà e strenue forza di volontà per aspettare il ritorno di Ulisse. Uno dei versi più belli della poesia francese è nel secondo atto della Phèdre di Racine: On dit qu’un prompt départ vous éloignede nous. Ippolito, figlio del re Teseo, deve partire all’improvviso. Fedra è sconvolta, non sa quanto dovrà stare lontano da lui e si decide perciò a rivelargli i suoi sentimenti: “dicono che una partenza rapida ti allontani da noi”. Ma una partenza o un’assenza non è distanza, è un legame ancora più forte perchè aspettare è riconoscere che non si può fare la propria felicità da soli.

E allora prendiamoci tutto il tempo che serve e, nell’attesa, facciamo a un amico quella telefonata che avevamo sempre rimandato, scriviamo quella lettera di scuse che ci sembrava costasse troppo formulare, leggiamo e teniamo un diario, facciamo elenchi di cose di qualsiasi tipo, pesiamo le parole una ad una, chiedendoci cosa significhino, anzichè mandare istericamente greetings packs di sms natalizi che richiedono appena un paio di secondi tra copia/incolla/inoltro (ma che nell’attenzione di chi li riceve, lo sappiamo bene tutti, durano anche meno), facciamo sentire importanti le persone a cui teniamo, dedicando loro attenzioni nei modi, anche maldestri, che ognuno di noi sa. E buona vigilia dell’attesa a tutti.

2 pensieri riguardo “Vigile vigilia dell’attesa

  1. La tragedia della pandemia ha sottoposto e continua a sottoporre le nostre menti, i nostri animi e le nostre anime , i nostri corpi a dura prova. Risulta quasi antitetico pensare che possa essere scoppiata una pandemia nel ventunesimo secolo. Come mai? Noi, popolazione post-moderna, erede del Positivismo, votata alla Scienza, ci stiamo inevitabilmente scontrando con un fenomeno che non si accetta. Il continuo contatto con la morte, questa Bestia nera, questo appuntamento fatale che tendiamo a rimandare, che non possiamo accettare, adesso è in costante contatto , quantomeno con le nostre menti. L’Umanità non può sopportare di essere una specie non meno importante delle piante o degli animali “non razionali”: sin dai testi più antichi, come le Sacre scritture, questo superomismo imperversa in noi. La generazione dei “Millennials”, di cui anche io faccio parte, non fa altro che eternare ogni momento della propria vita con un tweet, un post, una fotografia su Instagram, vivendo così in un “presente assoluto”, che però , a differenza di quello pasoliniano, non è tragico, bensì tragicamente effimero e superficiale. Come potrebbe dunque, una generazione che si crede composta da “ubermenschen” , che si crede eterna, che snobba la morte, confrontarsi con tutto questo? Ritengo che il Turbocapitalismo, lo sfrenato Consumismo, che si dispiega, ahimè, anche nelle relazioni interpersonali, abbiano dato una grande spinta a tutto questo. La frenesia della quotidianità, il continuo bombardamento di informazioni, questo contatto continuo e malsano con i social network non lasciavano assolutamente del tempo per pensare, del tempo con se stessi. Ecco che, ritrovatici in un microcosmo composto da noi stessi e al più dai nostri familiari, ci ritroviamo da soli con la nostra coscienza: una coscienza ferita, malata, imberbe con una grande sfiducia e paura verso il Domani, provata dalla pressione psicologica del terrore per la pandemia. Come si può resistere a tutto questo? Ed ecco che nasce il Negazionismo: negare la tragicità del momento consente di vivere in un mondo altro, in un mondo “normale”, evitando la pressione insopportabile che altrimenti si proverebbe. Eccoci qui, noi, ed il mondo visto da un piccolo schermo. Buone feste e buon anno anche a lei, con la speranza che queste considerazioni possano trasformarsi in parole di gioia e di vittoria per tutti!

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