Un giorno incontriamo la persona giusta. Restiamo indifferenti, perché non l’abbiamo riconosciuta: passeggiamo con la persona giusta per le strade di periferia, prendiamo a poco a poco l’abitudine di passeggiare insieme ogni giorno. Di tanto in tanto, distratti, ci chiediamo se non stiamo forse passeggiando con la persona giusta: ma crediamo piuttosto di no. Siamo troppo tranquilli; la terra, il cielo non sono mutati; i minuti e le ore fluiscono quietamente, senza rintocchi profondi nel nostro cuore. Noi ci siamo sbagliati già tante volte: ci siamo creduti in presenza della persona giusta, e non era. E in presenza di quelle false persone giuste, cadevamo travolti da un tale impetuoso tumulto che quasi non ci restava più la forza di pensare: ci trovavamo a vivere come al centro d’un paese incendiato: alberi, case e oggetti divampavano intorno a noi. E poi di colpo si spegneva il fuoco, non restava che un po’ di brace tiepida: alle nostre spalle i paesi incendiati sono tanti che non possiamo più nemmeno contarli. Adesso niente brucia intorno a noi. Per settimane e mesi, passiamo i giorni con la persona giusta, senza sapere: solo a volte, quando rimasti soli ripensiamo a questa persona, la curva delle sue labbra, certi suoi gesti e inflessioni di voce, nel ripensarli, ci danno un piccolo sussulto al cuore: ma non teniamo conto d’un così piccolo, sordo sussulto. La cosa strana, con questa persona, è che ci sentiamo sempre così bene e in pace, con un largo respiro, con la fronte che era stata così aggrottata e torva per tanti anni, d’un tratto distesa; e non siamo mai stanchi di parlare e ascoltare. Ci rendiamo conto che mai abbiamo avuto un rapporto simile a questo con nessun essere umano; tutti gli esseri umani ci apparivano dopo un poco così inoffensivi, così semplici e piccoli; questa persona, mentre cammina accanto a noi col suo passo diverso dal nostro, col suo severo profilo, possiede una infinita facoltà di farci tutto il bene e tutto il male. Eppure noi siamo infinitamente tranquilli. E lasciamo la nostra casa, e andiamo a vivere con questa persona per sempre: non perché ci siamo convinti che è la persona giusta: anzi non ne siamo affatto convinti, e abbiamo sempre il sospetto che la vera persona giusta per noi si nasconda chissà dove nella città. Ma non abbiamo voglia di sapere dove si nasconde: sentiamo che ormai avremmo ben poco da dirle, perché diciamo tutto a questa persona forse non giusta con cui adesso viviamo: e il bene e il male della nostra vita noi vogliamo riceverlo da questa persona e con lei. Scoppiano fra noi e questa persona, ogni tanto, violenti contrasti: eppure non riescono a rompere quella pace infinita che è in noi. Dopo molti anni, solo dopo molti anni, dopo che fra noi e questa persona si è intessuta una fitta rete di abitudini, di ricordi e di violenti contrasti, sapremo infine che era davvero la persona giusta per noi, che un’altra non l’avremmo sopportata, che solo a lei possiamo chiedere tutto quello che è necessario al nostro cuore.
Natalia Ginzburg, I rapporti umani, da Le piccole virtù

Dovrebbe essere ormai pacifico, dopo decenni di rivendicazioni, che la femminilità non si possa misurare volgarmente sullo stereotipo dell’attitudine al temperamento emotivo e passionale, o dell’inclinazione all’abbandono e all’intenerimento sognante. L’essere donna di Natalia Ginzburg è tutto l’opposto, senza per questo difettare di femminilità profonda, se s’intende quest’ultima come l’espressione di un garbo timido, di una delicatezza che non esonda mai nel patetismo vischioso. I sentimenti che esprime sono sempre contenuti dal pudore e dalla discrezione e il modo in cui sono detti – lo stile – riflette questo tipo di connotazione psicologica. Rapida, essenziale, senza svolazzi lessicali e arabeschi sintattici, apparentemente scabra e disadorna, la scrittura di Ginzburg è concreta, ubbidisce a un senso quasi fisico dell’esperienza morale, e perciò stesso risulta più vera. L’opposizione tra Lei e Lui fa percepire immediatamente la reciproca irriducibilità; donne e uomini sono inevitabilmente differenti, due universi paralleli e non comunicanti tra i quali può ergersi, occasionalmente, un ponte che rende comunque possibile un incontro, sia pure a lungo termine. Il segreto della felicità è nell’accettazione consapevole di ciò che ci distingue più che in quello che accomuna, nel lungo e paziente talento di un’attesa che ci rivela come l’amore possa banalmente trovarsi persino al centro di una fitta ragnatela di abitudini.